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      — No, questa ritirata non era degna di noi.
      — È vero, capitano — rispose il malese. — Meglio morire colle armi in pugno che fuggire come sciacalli.
      Il mare continuava a diventare fosforescente. Dinanzi la prora e dietro la poppa di legno, i punti luminosi si moltiplicavano e la scia diventava ancor più luminosa. Pareva che il praho si lasciasse dietro un solco di bitume ardente o di zolfo liquefatto.
      Quella striscia, che scintillava vivamente fra l'oscurità circostante, non doveva passare inosservata agli uomini di guardia dell'incrociatore. Da un istante all'altro poteva tuonare improvvisamente il cannone.
      Anche i pirati, stesi sulla tolda, si erano accorti di quella fosforescenza, però nessuno aveva fatto un gesto solo o aveva pronunciato una sola parola che potesse tradire qualche apprensione. Anche loro non sapevano rassegnarsi ad andarsene senza sparare un colpo di fucile.
      Una grandine di mitraglia sarebbe stata salutata con un urlo di gioia. Erano appena trascorsi due o tre minuti, quando Sandokan, che teneva sempre gli sguardi fissi sull'incrociatore, vide accendersi i fanali di posizione.
      — Se ne sono accorti forse? — si chiese.
      — Lo credo, capo — rispose Sabau.
      — Guarda!
      — Sì, vedo che le scorie sfuggono più numerose dalla ciminiera. Si alimentano i fuochi.
      Ad un tratto Sandokan scattò in piedi colla scimitarra in pugno.
      — Alle armi! — avevano gridato a bordo del legno da guerra.
      I pirati si erano prontamente risollevati, mentre gli artiglieri si erano precipitati sul cannone e sulle due spingarde.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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