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      — Sì, milord, io rimarrò finché vorrete — disse egli, con impeto. — Accetto l'ospitalità che voi cordialmente mi offrite e se mai un giorno, non dimenticate queste parole, milord, noi dovremmo incontrarci non più amici, ma fieri nemici, colle armi in pugno, saprò allora ricordarmi la riconoscenza che vi devo.
      L'inglese lo guardò stupefatto.
      — Perché mi parlate così? — chiese.
      — Forse un giorno lo saprete — rispose Sandokan, con voce grave.
      — Non voglio indagare per ora i vostri segreti — disse il lord, sorridendo. — Aspetterò quel giorno.
      Trasse l'orologio e guardò.
      — Bisogna che parta subito, se devo avvisare gli amici della caccia che intraprenderemo. Addio, mio caro principe — disse.
      Stava per uscire, quando si fermò, dicendo:
      — Se vorrete scendere nel parco, troverete mia nipote, che spero vi terrà buona compagnia.
      — Grazie, milord.
      Era quello che Sandokan desiderava; di potersi trovare, anche per pochi minuti, solo con la giovanetta, forse per svelare la gigantesca passione che divoravagli il cuore.
      Appena si vide solo, si avvicinò rapidamente ad una finestra che guardava su di un immenso parco.
      Là, all'ombra di una magnolia di Cina tempestata di fiori dall'acuto profumo, seduta sul tronco rovesciato di una arenga, stava la giovane lady. Era sola, in atteggiamento pensoso, colla mandola sulle ginocchia. A Sandokan parve una celeste visione. Tutto il sangue gli affluì al capo, e il cuore si mise a battergli con veemenza indescrivibile.
      Egli rimase lì, cogli occhi ardentemente fissi sulla giovanetta, rattenendo perfino il respiro, come se avesse paura di turbarla.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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