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— Lo so! — esclamò Sandokan. — Lo sento questo tradimento, ma io non lo temo.
 — Bisogna che tu mi ubbidisca, Sandokan.
 — Che cosa devo fare?
 — Devi partire all'istante.
 — Partire!... partire!... Ma io non ho paura!
 — Sandokan fuggi, mentre hai tempo. Ho un funesto presentimento, temo che ti tocchi una sciagura. Mio zio non è partito per capriccio; egli deve essere stato chiamato dal baronetto William Rosenthal, il quale ti ha forse conosciuto. Ah Sandokan! Parti, ritorna ora alla tua isola e mettiti in salvo, prima che la tempesta si scateni sul tuo capo.
 Invece di ubbidire, Sandokan afferrò la giovanetta e la sollevò fra le braccia. La sua faccia, poco prima commossa, aveva preso un'altra espressione: i suoi occhi balenavano, le tempie gli battevano furiosamente e le sue labbra si schiudevano, mostrando i denti.
 Un istante dopo si scagliò come una belva attraverso il parco, varcando ruscelli, fossati e la cinta, come se avesse paura, o cercasse di fuggire qualcosa.
 Non si arrestò che sulla spiaggia, dove errò a lungo senza sapere dove andasse né cosa facesse. Quando si decise a ritornare la notte era calata e la luna era sorta.
 Appena rientrato nella villa chiese se il lord era giunto, ma gli fu risposto che non era stato veduto.
 Salì nel salotto e trovò lady Marianna inginocchiata dinanzi una immagine e col viso inondato di lagrime.
 — Mia adorata Marianna! — esclamò egli, rialzandola. — È per me che piangi? Forse perché io sono la Tigre della Malesia, l'uomo esecrato dai tuoi compatrioti?
 
        
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