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      Il malese trasse da un vecchio vaso di terra assicurato ad un traverso della canoa delle provvigioni e le offrì a Sandokan, ma questi, assorto sempre nelle sue contemplazioni e nelle sue angosce, non rispose nemmeno, né abbandonò la sua primiera posizione.
      — È stregato — ripetè il malese scuotendo il capo. — Se è vero guai agli inglesi!...
      Durante il giorno il vento cadde parecchie volte e la canoa, che affondava pesantemente nei cavi delle onde, imbarcò più volte molta acqua. Alla sera però un fresco vento del sud-est si levò, spingendola rapidamente verso l'ovest e si mantenne così anche l'indomani.
      Al cader del giorno il malese, che si teneva in piedi a prua, scosse finalmente una massa oscura che si elevava sul mare.
      — Mompracem!... — esclamò.
      A quel grido, Sandokan, per la prima volta da che aveva posto piede sulla canoa, si mosse alzandosi di scatto.
      Non era allora più l'uomo di prima: la malinconica espressione del suo viso era completamente scomparsa. I suoi occhi mandavano lampi e i suoi lineamenti non erano più alterati dal quel cupo dolore.
      — Mompracem! — esclamò egli, raddrizzando l'alta statura.
      E rimase lì a contemplare la sua selvaggia isola, il baluardo della sua potenza, della sua grandezza in quel mare che non a torto chiamava suo. Egli sentiva di ritornare, in quel momento, la formidabile Tigre della Malesia dalle leggendarie imprese.
      I suoi sguardi, che sfidavano i migliori cannocchiali, scorsero le coste dell'isola, soffermandosi sull'alta rupe dove ondeggiava ancora la bandiera della pirateria, sulle fortificazioni che difendevano il villaggio e sui numerosi prahos che si cullavano nella baia.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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