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      Sandokan, che era seduto, si alzò di scatto guardando fieramente le nubi e, stendendo la mano verso il sud, disse:
      — Vieni a lottare con me, o uragano: io ti sfido!...
      Attraversò il ponte e si mise alla ribolla del timone, mentre i suoi marinai assicuravano i cannoni e le spingarde, armi che non volevano perdere a nessun patto, e tiravano in coperta l'imbarcazione da sbarco e rafforzavano le manovre fisse triplicando i cavi.
      Le prime raffiche giungevano già dal sud, con quella rapidità che sogliono acquistare i venti nelle tempeste, spingendo innanzi a loro le prime montagne d'acqua.
      Il praho, colla velatura ridotta, si mise a filare colla rapidità di una freccia verso oriente, tenendo bravamente testa agli elementi scatenati e senza deviare di una sola linea dalla sua rotta, sotto la ferrea mano di Sandokan. Per mezz'ora durò un po' di calma, rotta solo dai muggiti del mare e dallo scrosciare delle scariche elettriche che crescevano ad ogni istante di intensità, ma verso le undici l'uragano si scatenò quasi improvvisamente in tutta la sua terribile maestà; mettendo sottosopra cielo e mare.
      Le nubi, accavallate sin dal giorno innanzi, correvano allora furiosamente attraverso lo spazio, ora sospinte in alto ed ora cacciate così abbasso da toccare, coi loro neri lembi, le onde, mentre il mare si precipitava con impeto strano verso il nord quasicché fosse una immensa fiumana.
      Il praho, vero guscio di noce che sfidava la natura irritata, affogato dai marosi che lo assalivano d'ogni parte, barcollava disordinatamente ora sulle creste spumeggianti delle onde e ora nel fondo di mobili abissi, rovesciando gli uomini, facendo scricchiolare gli alberi, sbattere i boscelli e crepitare le vele con tanta forza che parevano fossero sempre lì lì per scoppiare.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





Sandokan