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Due lagrime, due perle, caddero dai suoi occhi.
 — Tu piangi! — esclamò questi con istrazio. — Amor mio, non piangere o io divento pazzo e commetto qualche follia. Odimi, Marianna! I miei uomini non sono lontani, oggi sono pochi, ma domani o posdomani saranno molti e tu sai quali uomini sono i miei. Per quanto il lord barrichi la villa, noi entreremo, dovessimo incendiarla o rovesciare le muraglie. Io sono la Tigre e per te mi sento capace di mettere a ferro e a fuoco non la villa di tuo zio ma Labuan intera. Vuoi che io ti rapisca questa notte? Non siamo che due, ma se vuoi noi infrangeremo i ferri che ti tengono prigioniera, dovessimo pagare colla nostra vita la tua libertà. Parla, parla Marianna che il mio affetto per te mi rende pazzo e m'infonde tanta forza da espugnare da solo questa villa!...
 — No!... No!... — esclamò ella. — No, mio valoroso! Morto tu, cosa sarebbe di me? Credi tu che io ti sopravviverei? Ho fiducia di te, sì tu mi salverai, ma quando saranno giunti i tuoi uomini, quando tu sarai forte, potente tanto da schiacciare gli uomini che mi tengono prigioniera o da rompere le sbarre che mi rinchiudono.
 In quell'istante si udì sotto il pergolato un leggero fischio. Marianna trasalì.
 — Hai udito? — chiese.
 — Sì — rispose Sandokan. — È Yanez che s'impazienta.
 — Forse ha scorto un pericolo, Sandokan. Nelle ombre della notte forse si cela qualche cosa di grave per te, o mio prode amico. Gran Dio! L'ora della separazione è giunta.
 — Marianna!
 — Se non ci vedessimo più mai!...
 
        
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