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— Cosa facciamo? — chiese Yanez.
 — Ammazziamo prima di tutto il prigioniero — disse Sandokan risolutamente.
 — Il sangue ci tradirebbe. Credo d'altronde che questo povero giovanotto sia mezzo morto dallo spavento e che non possa nuocere.
 — Sia pure, lasciamogli la vita. Tu mettiti presso lo sportello e fracassa il cranio al primo soldato che tenta di entrare.
 — E tu?
 — Preparerò una bella sorpresa alle giacche rosse.
 Yanez prese la carabina, l'armò e si sdraiò fra la cenere. Sandokan si curvò verso il prigioniero, dicendogli:
 — Bada che se tu cerchi di mandare un solo grido ti pianto il mio pugnale nella gola e ti avverto che la punta è stata avvelenata col succo mortale dell'upas. Se vuoi vivere non devi fare un gesto.
 Ciò detto si alzò ed urtò le pareti della stufa in diversi luoghi.
 — Sarà una splendida sorpresa — disse. — Aspettiamo il momento opportuno per mostrarci.
 Intanto i soldati erano entrati nella serra e rimuovevano con rabbia i vasi, imprecando contro la Tigre della Malesia e anche contro il loro camerata. Non trovando nulla fissarono i loro sguardi sulla stufa.
 — Per mille cannoni! — esclamò lo scozzese. — Che il nostro camerata sia stato assassinato e poi nascosto là dentro?
 — Andiamo a vedere — disse un altro.
 — Adagio, compagni — disse un terzo. — La stufa è abbastanza ampia per nascondere più d'un uomo.
 Sandokan si era allora appoggiato contro le pareti pronto a dare un urto tremendo.
 — Yanez — disse. — Preparati a seguirmi.
 — Sono pronto.
 Sandokan udendo aprirsi lo sportello s'allontanò di qualche passo poi si scagliò. Si udì un sordo screpolìo, poi la parete, sfondata da quella scossa poderosa, cedette.
 
        
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 Yanez Sandokan Tigre Malesia
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