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      Doveva appartenere a quella razza feroce usata dai piantatori delle Antille e dell'America meridionale per dar la caccia agli schiavi.
      Vedendo i due pirati s'arrestò un momento guardandoli con due occhi ardenti, poi balzando sopra le radici con uno slancio da leopardo, si scagliò perdutamente innanzi, mandando un ringhio pauroso.
      Sandokan s'era prontamente inginocchiato tenendo il kriss orizzontalmente, mentre Yanez aveva afferrato la carabina per la canna volendo servirsene come di mazza.
      Il cagnaccio con un ultimo slancio rovinò addosso a Sandokan, che era il più vicino, cercando di azzannarlo per la gola.
      Se quella bestia era feroce, la Tigre della Malesia non lo era da meno. La sua destra, rapida come il fulmine, si spinse innanzi e la lama scomparve quasi intera fra le fauci dell'animale. Contemporaneamente Yanez gli assestava sul cranio una tale mazzata da sfondarlo di colpo.
      — Mi pare che ne abbia abbastanza — disse Sandokan alzandosi e respingendo col piede il cagnaccio già agonizzante. — Se gli inglesi non hanno altri alleati da mandarci alle calcagna, perderanno inutilmente il loro tempo.
      — Bada che dietro al cane non vi siano degli uomini.
      — A quest'ora avrebbero fatto fuoco su di noi. Andiamo, Yanez. Trottiamo sul sentiero.
      I due pirati, senza più occuparsi d'altro, si cacciarono fra gli alberi, cercando di seguire il vecchio sentiero.
      Le piante, le radici e soprattutto i rotang e i calamus l'avevano invaso; nondimeno una traccia abbastanza visibile era rimasta e si poteva seguirlo con minor fatica.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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