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      L'urang'outan, malgrado le spaventevoli lacerazioni, aveva allungate rapidamente le braccia e aveva afferrata la coda dell'avversaria.
      Quelle mani, dotate d'una forza terribile, non dovevano più lasciare quell'appendice. Esse si strinsero come due morse, strappando alla fiera un mugolìo di dolore.
      — Povera pantera — disse Yanez, che seguiva con vivo interesse le diverse fasi di quella lotta selvaggia.
      — È perduta — disse Sandokan. — Se la coda non si strappa, cosa impossibile, non sfuggirà più alle strette del maias.
      Il pirata non doveva ingannarsi. L'urang-outan, sentendosi fra le mani la coda, era balzato innanzi salendo sul ramo.
      Radunando le sue forze, sollevò di peso la fiera, la fece volteggiare in aria come se fosse un topo, poi la scagliò con impeto irresistibile contro l'enorme tronco del durion.
      Si udì un colpo secco, come d'una scatola ossea che s'infrange; indi la povera bestia, abbandonata dal suo nemico, rotolò inanimata al suolo, scivolando poi fra le nere acque del fiumicello.
      Il cranio, spaccato di colpo, aveva lasciato sul tronco dell'albero una grande chiazza sanguigna mista a brani di materia cerebrale.
      — Per Giove!... che colpo maestro!... — mormorò Yanez. — Non credevo che quello scimmione potesse sbarazzarsi così presto della pantera.
      — Vince tutti gli animali della foresta, perfino i serpenti pitoni — rispose Sandokan.
      — C'è pericolo che se la prenda anche con noi?...
      — È tanto irritato da non risparmiarci se ci vede.
      — Mi pare però che sia in ben cattive condizioni.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





Yanez Sandokan Giove Yanez Sandokan