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      Tutto era silenzio, tutto era mistero e pace.
      Solo di tratto in tratto udivasi la risacca che si rompeva con monotono gorgoglìo sulle deserte sabbie del lido, il gemito della brezza che pareva un flebile lamento e un singhiozzo che s'alzava sul ponte del praho corsaro.
      Il veloce legno aveva lasciata la foce del fiumicello e fuggiva ratto verso l'occidente, lasciandosi dietro Labuan che ormai confondevasi fra le tenebre.
      Tre sole persone vegliavano sul ponte: Yanez, taciturno, triste, cupo, assiso a poppa con una mano sulla barra del timone; Sandokan e la fanciulla dai capelli d'oro, seduti a prua, all'ombra delle grandi vele, accarezzati dalla brezza notturna.
      Il pirata si stringeva al petto la bella fuggitiva e le tergeva le lacrime che brillavano sulle sue ciglia.
      — Senti, amore mio — diceva egli. — Non piangere, io ti farò felice, immensamente felice e sarò tuo, tutto tuo. Noi andremo lontani da queste isole, seppelliremo il mio truce passato e non udremo più mai parlare né dei miei pirati, né della mia selvaggia Mompracem. La mia gloria, la mia potenza, le mie sanguinose vendette, il mio temuto nome, tutto dimenticherò per te, perché voglio diventare un altro uomo. Odimi, fanciulla adorata, fino ad oggi fui il temuto pirata di Mompracem, fino ad oggi fui assassino, fui crudele, fui feroce, fui tremendo, fui Tigre... ma non lo sarò più. Frenerò gli impeti della mia natura selvaggia, sacrificherò la mia potenza, abbandonerò questo mare che un dì ero orgoglioso di chiamare mio e la terribile banda che fece la mia triste celebrità.


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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