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      — No, anima mia, sono commosso, ma nulla di più. Che vuoi? Nel ritrovare la mia isola violata, le mie bande decimate e nel pensare che fra poco tutto dovrò perdere...
      — Sandokan, tu rimpiangi adunque la tua passata potenza e soffri all'idea di dover perdere la tua isola. Odimi, mio eroe, vuoi tu che io rimanga in quest'isola fra i tuoi tigrotti, che impugni anch'io la scimitarra e che combatta al tuo fianco? Lo vuoi?
      — Tu! tu! — esclamò egli. — No, non voglio che tu diventi una donna simile. Sarebbe una mostruosità l'obbligarti a rimanere qui, l'assordarti sempre col rimbombo delle artiglierie e colle urla dei combattenti ed esporti ad un continuo pericolo. Due felicità sarebbero troppo e non le voglio.
      — Tu dunque mi ami più della tua isola, dei tuoi uomini, della tua fama?
      — Sì, anima celeste. Questa sera radunerò le mie bande e dirò loro che noi, dopo combattuta l'ultima battaglia, abbasseremo per sempre la nostra bandiera e lasceremo Mompracem.
      — E che cosa diranno i tuoi tigrotti a simile proposta? Essi mi odieranno sapendo ch'io sono la causa della rovina di Mompracem.
      — Nessuno oserà alzare la voce verso di te. Io sono ancora la Tigre della Malesia, quella Tigre che li ha fatti sempre tremare con un solo gesto.
      «E poi mi amano troppo per non obbedirmi. Orsù, lasciamo che si compia il nostro destino.»
      Soffocò il sospiro, poi disse con un amaro rimpianto:
      — L'amor tuo mi farà dimenticare il mio passato e forse anche Mompracem.
      Depose sui biondi capelli della fanciulla un bacio, quindi chiamò i due malesi addetti all'abitazione e:


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Le Tigri di Mompracem
di Emilio Salgari
pagine 343

   





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