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Una canna di fucile fu introdotta, ma Yanez pronto come un lampo l'alzò e scaricò attraverso l'apertura una pistola.
Si udì un corpo stramazzare pesantemente a terra, mentre gli altri risalivano precipitosamente la scala, gridando:
 — Tradimento!... tradimento!...
 La pugna continuava sul ponte del vascello e le urla echeggiavano più forti che mai, mescolate a colpi di fucili e di pistole. Di tratto in tratto, fra tutto quel baccano, si udiva la voce tonante della Tigre della Malesia che lanciava le sue bande all'assalto.
 Marianna era caduta in ginocchio e Yanez, smanioso di sapere come stavano le cose al di fuori, s'affaccendava a rimuovere le mobilie. D'improvviso si udirono alcune voci gridare:
 — Al fuoco!... Si salvi chi può!... Il portoghese impallidì.
 — Tuoni di Dio! — esclamò.
 Con uno sforzo disperato rovesciò la barricata, tagliò con un colpo di scimitarra i legami che stringevano il povero comandante, afferrò Marianna fra le braccia e uscì correndo.
 Dense nubi di fumo avevano già invaso la corsia e nel fondo si vedevano delle fiamme irrompere dai camerini degli ufficiali. Yanez salì in coperta colla scimitarra fra i denti.
 La battaglia stava per finire. La Tigre della Malesia assaliva allora furiosamente il castello di prua, sul quale si erano trincerati trenta o quaranta inglesi.
 — Al fuoco! — gridò Yanez.
 A quel grido gli inglesi, che ormai si vedevano perduti, balzarono confusamente in mare. Sandokan si volse verso Yanez rovesciando con impeto irresistibile gli uomini che lo circondavano.
 
        
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