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      Sempre nella vasta sua mente smoderate cose rivolgea, inverisimili, sublimi troppo. Costui, dopo la tirannide di Silla, invaso da sfrenatissima voglia di soggettarsi la repubblica, buono stimava ogni mezzo, purchè regno gli procacciasse. Ogni giorno vieppiù s'inferaciva quell'animo, da povertà travagliato e dalla coscienza de' proprj delitti; figlie in lui l'una e l'altra delle su mentovate dissolutezze. Lo incitavano inoltre i corrotti costumi di Roma, cui due pessime e contrarie pesti affliggevano; lusso, e avarizia. Ma, poichè dei costumi ho toccato, opportuno parmi, ripigliando più addietro, brevemente discorrere gli usi con cui ed in casa e nel campo i maggiori nostri governavano la repubblica; quanta dopo lor rimanevasi; e come a poco a poco cangiatasi, di felicissima ed ottima, divenisse pessima e scelleratissima.
     
     
      VI.
     
      Roma (com'è fama) fondata era, e nei principj governata dai Trojani sotto Enea fuggitivi e vaganti; ai quali si univano poi gli Aborigeni, uomini rozzi, da ogni legge e freno disciolti. Incredibile a narrarsi, come costoro d'origine costumi e lingua diversi, pacificamente coabitassero. Ma, cresciuti poi in numero civiltà ed estensione, da una certa loro prosperità e potenza nasceva, come suole fra gli uomini, la invidia d'altrui. Quindi i Re e' vicini popoli, a provocarli con guerre; pochi dei loro amici, a soccorrerli; i più, intimoriti, a scostarsi dai loro pericoli. Ma i Romani, in città e nel campo solleciti sempre, ad incoraggirsi l'un l'altro, a prevenire i nemici, a difender con l'armi la libertà la patria i sudditi.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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