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      Due e pių palagj a costoro; a noi un tugurio neppure? Statue, intagli, pitture, essi mercano; edificano, distruggono, riedificano; in ogni modo in somma l'accumulato danaro profondendo, le lor ricchezze pur vincono il lusso. Povertade abbiam noi nelle case, e debiti fuori; cattivo il presente; pessimo dell'avvenire l'aspetto: che altro ci resta oramai, fuorch'una vita infelice? E che? non vi destate per anco? Eccola, eccola, che a voi davanti si para quella cotanto sospirata libertā: e le ricchezze con essa, lo splendore, la gloria. Tanto dā in premio Fortuna a chi vince. La cosa per se, i tempi, i pericoli, la necessitā, la ricca preda, pių che i miei detti, vi esortino. O duce mi vogliate, o soldato, nč ingegno mi manca, nč forza. Sarovvi, spero, a quest'opra e consigliere e compagno; s'io pure me non lusingo; e se, pių ch'a imperare, non siete voi pronti a servire."
     
     
      XXI.
     
      Udito che l'ebber coloro, cui, d'ogni sciagura forniti, nč bene rimanea nč onesta speranza; benchč ad essi l'intorbidar l'altrui pace guadagno sommo paresse; molti pure vollero chiarire a quai patti s'avrebbe a far guerra, quai ne sarebbero i premj, donde le speranze e gli ajuti. Catilina allora promettea: di annullare ogni debito; di proscrivere i ricchi; magistrature inoltre, e sacerdozj, e rapine, e quant'altro la guerra e l'insolenza dei vincitori dietro si trae. Aggiungeva; essere a parte dell'impresa, Pisone in Ispagna, Sizio Nucerino nella Mauritania, ambi coi loro eserciti; Cajo Antonio necessitosissimo uomo ed intimo suo, chiede il Consolato, e sperarselo egli collega: ove ciō fosse, sarebbero essi i primi all'oprare.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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