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      In Roma frattanto egli macchina; al Console aguati, alla città incendj prepara: d'armati circonda i luoghi opportuni; s'arma egli stesso: e giorno e notte all'altrui disciplina vegliando, non mai per vigilie nè per fatiche si stanca. Ma di cotanta attività non raccogliendo egli alcun frutto, da Marco Porzio Lecca riadunare fa i capi della congiura a notte inoltrata. Quivi della loro dappocaggine molto dolutosi, manifesta aver egli avviato nella Etruria Manlio verso la gente ivi già destinata ad armarsi; ed altri altrove, affinchè le ostilità cominciassero: sospirare inoltre egli stesso di raggiunger gli armati, tosto che oppresso avrebb'egli quel Cicerone, che a' suoi disegni era l'ostacol maggiore.
     
     
      XXVIII.
     
      A tai detti, mostrandosi tutti gli altri atterriti ed incerti, Cajo Cornelio, Cavaliere, e Lucio Vargontejo, Senatore, fermarono d'introdursi con armati in quella notte stessa da Cicerone, come per visitarlo, e nella propria casa improvvisamente assalitolo, trucidarlo. Ma Curio, avvisato del grave pericolo che a Cicerone sovrasta, per mezzo di Fulvia tostamente gli scopre il preparato inganno. Vietato perciò agli assassini l'ingresso, a vuoto il delitto mandavasi. Manlio intanto nell'Etruria instigava la plebe, che per indigenza e pel risentimento dell'essere stata affatto spogliata dalla tirannide di Silla, invogliata si era di novità. Radunava egli inoltre d'ogni specie ladroni, che molti quella provincia ne dava; ed alcuni soldati di Silla, che avevan in dissolutezze e lusso consunte le loro rapine.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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