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      Stimavan essi dai comuni eventi di guerre ritrarre più guadagno che danno; ma l'incendio di Roma riputavano cosa crudele sfrenata e gravosissima a loro stessi, che altro sostegno non aveano che il giornaliere lavoro. Fu poco dopo condotto in Senato un Lucio Tarquinio arrestato, dicevasi, mentre andava a raggiungere Catilina. Offrendo costui degli indizj su la congiura mediante l'impunità, ottenutala, disse dell'incendio, delle uccisioni, dell'inoltrarsi dei nemici, quasi le cose stesse da Volturcio indicate: di più; essere egli mandato da Crasso a Catilina per incoraggirlo ad avvicinarsi a Roma, benchè già presi vi fossero Lentulo, Cetego, ed altri congiurati; che anzi, vieppiù affrettandosi, rincoraggirebbe egli i rimanenti, e più facilmente li sottrarrebbe al pericolo. All'uscire di bocca a Tarquinio il nome di Crasso, uomo nobile, ricchissimo, ed oltre tutti potente; chi la cosa stimando incredibile, chi vera credendola; siccome pure in tali circostanze un tant'uomo da raddolcirsi più che da irritarsi parea; e molti essendogli privatamente obbligati; esclamano tutti esser falso l'indizio, e doversi tal cosa chiarire. Consultato perciò da Cicerone il Senato, quasi a pieni voti decretasi: Non esser ben appurata la deposizione di Tarquinio; doversi costui carcerare, nè più concedergli udienza finchè l'autore non sveli di così grave menzogna. Fu da alcuni creduta quella una trama di Publio Autronio, che col nominar Crasso sperò all'ombra della di lui potenza ritrar dal pericolo i suoi supposti compagni.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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