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      XXI.
     
      Vedendosi Aderbale a tale ridotto, che oramai abbandonare lo stato doveva, o coll'armi difenderlo, ad impugnarle sforzato, si avanza egli contro Giugurta. Non lontani dal mare sotto le mura di Cirta s'incontran gli eserciti: ma, appressando la notte, non si principiò la battaglia. Non era sorta pur anche l'aurora, quando a notte inoltrata Giugurta, dato il segno, assaltava nel campo i nemici; i quali, alla rinfusa e mal desti all'armi correndo, rotti son tosto e dispersi. Aderbale con pochi cavalli in Cirta ricovrasi; e se alcuni Romani dagli incalzanti Numidi non lo scampavano, in un sol giorno vedeasi fra i due Re principiata e finita la guerra. Giugurta allora investe Cirta, e con torri e con macchine d'ogni sorta ad espugnarla si affretta, prima che da Roma ritornino gli ambasciatori d'Aderbale. Ma, informato della lor guerra il Senato, spedisce in Affrica tre giovinetti, come nunzj de' suoi voleri ai due Re. Consigliandoli ordinavan loro ad un tempo di depor l'armi; e, pel decoro d'essi e di Roma, di terminare i lor dissapori trattando, e non combattendo.
     
     
      XXII.
     
      Tanto sollecitan più di giungere in Affrica gli ambasciatori Romani, quanto nel partire essi di Roma vociferavasi già della seguita battaglia, e di Cirta assediata; nulla però affermandosi di preciso. Giugurta, uditi gli ambasciatori, rispose: "Cosa per lui più ragguardevole e più cara non v'essere del Romano Senato: fin da fanciullo sforzatosi meritarne le lodi: pel suo valore, non per astuzie, esser egli piaciuto al gran Publio Scipione: e pel suo valore altresì, non per mancanza di successori, esser egli stato da Micipsa adottato nel regno.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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