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      Spurio, ansioso di guerreggiar come Console, intorbidare anzi che acquetare le cose, studiavasi. Aveva egli sortito la Numidia, Minucio la Macedonia. Incominciò Massiva i raggiri. Nè Giugurta abbastanza affidavasi negli amici, inoperosi vedendoli; qual per rimorso, qual per la pessima fama, e qual per timore. Egli perciò a Bomilcare suo congiunto e fidissimo impone di tendere a Massiva quelle insidie stesse, con cui già oppressi ne aveva tanti altri: e che se occulte non giovano, a qualunque costo lo uccida. Bomilcare tosto obbedisce; e fatti spiare da gente usa a cotali iniquità gli andamenti di Massiva, luogo e tempo aspettava opportuno. Trovatolo, da uno degli appostati manigoldi quasi apertamente assalito Massiva, fu morto: ma il troppo temerario sgherro vien preso, e ad istanza di molti, principalmente del Console Albino, egli discopre la trama. Troppo era reo Bomilcare, perchè salvarlo potesse il diritto delle genti, sotto la cui pubblica fede venuto era in Roma. Giugurta ciò non ostante, benchè manifesto autore di cotanta scelleraggine, mal non si astenne d'impudentemente difenderlo, se non quando conobbe impossibile il comprare, nè con danari nè con seduzione, un sì fatto delitto. Cinquanta de' più intimi suoi aveva egli dato da prima in ostaggi; ma più oramai al suo utile che non agli ostaggi pensando, occultamente fece fuggire in Numidia Bomilcare; temendo a ragione, che giustiziato costui, gli altri sudditi suoi dubiterebbero assai di obbedirlo. Giugurta stesso, impostogli allor dal Senato di uscir d'Italia, seguitò da presso Bomilcare.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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