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      Tremanti tutti si stavano, e massimamente i colpevoli: Scauro fra questi, che come sopra accennai era stato Legato di Calpurnio, fra la gioja della plebe e l'avvilimento de' nobili non ismarritosi perciò di coraggio, sapendo tre inquisitori da Mamilio richiedersi per l'intentato processo, facevasi egli eleggere l'uno dei tre. Quest'accusa riuscì clamorosa violenta ed asprissima; traendo allora la plebe, ad esempio anch'essa dei nobili, insolenza ed audacia dai prosperi eventi.
     
     
      XLI.
     
      Questa pessima usanza di dividersi i Romani in popolare e senatoria fazione, e quanti vizj doveva tal dissensione produrre, nati erano pochi anni prima e dall'ozio e dall'abbondanza di quelle cose, che reputan gli uomini prime. Finchè Cartagine stette, il popolo e il Senato placidamente e con moderazione reggevano uniti la repubblica: nè di gloria nè di dominio erasi fra' cittadini intromessa la gara, tenendoli nel loro dovere ristretti il terror dei nemici. Cessato quel salubre timore, sottentrarono la corruzione e la superbia, usate seguaci della prosperità. Così quell'ozio che ne' travagli aveano bramato, riusciva loro, ottenutolo, più aspro ed acerbo. I nobili, la lor dignità, i plebei la lor libertà in signoria trasmutando, ciascuno per se diessi a trarre, a rapire, a straziare: e fra le cozzanti parti la repubblica tolta nel mezzo, crudelmente fu lacerata. Ma i nobili, fra loro più riuniti, assai prevalevano: sconnessa e dispersa la plebe, di minor forza mostravasi. Stavano in mano di pochi la guerra, il governo, l'erario, le provincie, i trionfi, e le glorie.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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