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      I soldati religiosamente anteposero l'acqua piovana; e non poco rinfrancò loro il coraggio, lo stimarsi particolarmente protetti dagli Dei. Giunsero il giorno seguente a Tala, contro l'espettazione di Giugurta. I cittadini, che per la selvatichezza del luogo sicuri credevansi, dall'inaspettata formidabil vista colpiti, non lasciarono con tutto ciò di apparecchiarsi sollecitamente alla difesa; ed i nostri, all'assalto.
     
     
      LXXVI.
     
      Ma, credendo Giugurta oramai nulla essere impossibile a Metello, poich'egli ed armi, e saette, e luoghi, e tempi, e ogni cosa affrontando, la stessa natura che tutto signoreggia, assoggettata si era coll'arte; con i suoi figli, e con quasi tutti i tesori, sen fugge di Tala nella notte. Nè in alcun luogo dappoi quel misero Re più di un giorno o d'una notte soggiornava, fingendosi dagli affari incalzato. Un tradimento da tutti temeva; e pareagli sfuggirlo col ratto trascorrere: padri essendo d'ogni insidia l'occasione ed il tempo. Metello, trovati in armi i Talesi, e la città per natura e per arte afforzati, l'attorniò di trincea. Quindi per molti luoghi opportuni fece accostare i graticci, alzar terrapieni, e torri sovr'essi, onde il lavoro ed i lavoratori proteggere. Solleciti pure a preparare ogni cosa gli assediati: nulla per nessuna parte tralasciasi. I Romani, dopo giorni quaranta di fatica e di penose zuffe, s'impadronirono al fine della nuda città; defraudati interamente della preda dai lor disertori: Costoro, vista la breccia aperta, e le loro cose disperate, l'oro tutto e l'argento, e quanto v'ha di prezioso, radunano nella reggia; e, dopo un sozzo bagordo, appiccatovi il fuoco tesori e reggia e se stessi riducono in cenere: spontaneamente in tal guisa correndo alla pena, che da Roma vincitrice meritamente aspettavano.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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