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      LXXIX.
     
      Non mi pare inopportuno, avendo io parlato di codeste contrade, il narrare a proposito de' Leptitani un fatto illustre e maraviglioso di due Cartaginesi, colà accaduto. Cartagine signoreggiava allora gran parte dell'Affrica; e da Cirene, grande e potente stato altresì, separavala un'arenosa pianura, che non intersecata da monte nè da fiume, lasciando ognor dubbj i confini, eterna discordia fra i due popoli cagionava. Per terra e per mare lungamente pugnossi; e alternamente, disfatti entrambi e battuti, indebolendosi l'un l'altro, e vincitori e vinti attenuati ugualmente, temettero al fine di diventar essi preda d'un terzo. Fatta perciò una tregua, vennero a patti; a questo attenendosi, che a giorno ed ora prefissa, emissarj d'ambe le nazioni da ciascuna parte lasciassero le patrie mura, e gli uni e gli altri correndo verso i comuni confini, là dove ad incontrarsi verrebbero, i perpetui rispettivi limiti si fissassero. Di Cartagine mossero due fratelli chiamati Fileni; e corsero in minor tempo più spazio che i due di Cirene; se per negligenza di questi o per caso, nol seppi. Campeggiano su quella vasta e sterile pianura, non altrimenti che in mare, alcuni venti burrascosi, che innalzando dal suolo densi turbini d'arena in bollentissimi vortici aggirata, accecano e stordiscono il passeggiere a tal segno, che il cammino gli vietano. I Cirenesi, vedendosi sovraffatti, e temendone in patria il dovuto gastigo, cominciarono a tacciare i Cartaginesi di soverchieria; ad intorbidar l'affare; a dimostrare in somma, che tutt'altro voleano che vinti tornarsene.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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