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      Diviso in tal guisa fra tante donne l'affetto, nessuna per compagna ne tengono, ma tutte ancelle del pari.
     
     
      LXXXI.
     
      Accordatisi pertanto del luogo, Bocco e Giugurta coi loro eserciti s'incontravano. Datasi la reciproca fede, Giugurta, per vieppiù accendere il Re, gli dimostra: "Che i Romani, ingiusti, cupidi, e tiranni, sono i comuni nemici del mondo intero: da una sola e stessa cagione fatti ora nemici e di Giugurta e di Bocco, e in altri tempi di Cartagine, e di Perseo, e di quanti hanno impero; dall'insaziabile avidità di accrescere il loro dominio: l'esser ricco e potente, bastare per inimicarsi i Romani." Ciò detto, deliberano i due Re di progredir verso Cirta, dove Metello avea ricovrato la preda i prigioni e gli arnesi di guerra. Sperava Giugurta, o risarcirsi colla presa di essa; ovvero, se Metello movea per soccorrerla, venirne contr'esso a battaglia. Volea, lo scaltro, che Bocco sollecitamente le prime ostilità commettesse, per non gli lasciar nell'indugio il tempo al pentirsi.
     
     
      LXXXII.
     
      Metello, udita la lega dei Re, non volle che Giugurta afforzato, avesse pur anche la scelta del luogo per seco combattere; cosa, ch'egli avea già spesso accordata a Giugurta battuto. Onde, mutato stile, trinceato aspettandoli, stettesi non molto lontano da Cirta. Mal conoscendo egli i Mauri, l'aggiunta di questi nuovi nemici gli facea preferire di attender l'opportunità del combattere. Intanto da lettere venute di Roma e accertato; che Mario, cui già sapeva esser Console, era stato anco eletto a comandare in Numidia.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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