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      E so io bene altresì, parole non v'essere in bocca a costoro, che a danneggiare me vagliano: poichè, veraci, null'altro mai che laudarmi, potrebbero; false, dalla mia vita e costumi smentite verrebbero. Ma, siccome della importante onorevol dignità da voi conferitami, a voi si dà carico, esaminate voi ora, se luogo vi resta a pentirvene. Statue, trionfi, Consolati degli avi, vero è, non adduco: ma bensì potrò io, occorrendo, ed aste, e bandiere, e collane e militari guiderdoni mille altri ostentare; e cicatrici oltre ciò, non da tergo. Ecco di Mario le pompe, ecco la nobiltà; non per retaggio, come la loro, ottenuta; ma col sudore mio, e col mio sangue comprata. Orator non son io; nè d'esserlo curo. Appalesasi la virtù, per se stessa abbastanza: l'arte a coloro fa d'uopo, che debbono con eloquenti detti obbrobriosi fatti velare. Di Greche lettere ignaro; l'ignorarle m'è gloria; poichè a tanti altri il saperle, valor non accrebbe. Ma nelle cose alla Repubblica utili, dottissimo sono: avventarmi al nemico so io; e le fortezze assaltare; e nulla paventar, che la infamia; e caldo e gelo affrontare; e della terra far letto; e fame e fatica sofferire ad un tempo. Con questi precetti esorterò io i soldati: e, non meno che ad essi, a me stesso severo, delle loro fatiche non mi vedranno usurparmi la gloria. Questo fia utile, cittadinesco governo fia questo. Ma, il raffrenar co' supplicj l'esercito, e il vivere in grembo della mollezza frattanto, da capitano non è, da Tiranno. Gli avi vostri, che con sì fatte virtù governarono, se stessi illustravano e la Repubblica.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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