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      Vale, valeatque Excelsitudo Tua, cuius numini corpus et anima perpetuum dedicavi. Ex urbe Veneta MCCCCLXXXIIII».
     
      Prima di presentare quest’opera al doge, volle la vedesse Zaccaria Barbaro, pregandolo: «che quando da le fatiche publiche vacherai, con la solita et alegra facia, questa nostra pilgierai, et in quello ch’el calamo nostro à mancato ti degni di coregere, – per esser stato nel numero de li governatori de la Republica et contro tuti li potenti d’Italia che insieme erano colegati, che abi sostenuto vintinove mesi questa guerra et poi fato le pace con tanto honor et reputatione(42)».
      Si scusò poi coi lettori di averla scritta in volgare:(43)
     
      «Marini ad lectores excusatio.
     
      Forsi da alchuni sarò biasimato, lectori suavissimi, ch’essendo la materia degna l’abia descrita nel sermon materno e lasciato la degna latina; ma, come se divulgano, questa guerra è stà scrita per ecelenti autori et quella la latina pilgieranno, unde per quelli che ne le faccende sono occupati, acciò qualche [25] cognitione de la Ferrarese guerra possino avere, et altri patricii che de scientia non sono periti, ho descrito questi Commentarii in vulgar. Per la qual cossa se quelli l’utilità di questa mia opereta diligentemente considerando, non ricercando l’ornato et elegante parlar, non dubito che tal mia utile et honesta faticha comenderano. Ma a li nemichi et detratori del ben fare li dico questo per mia excusatione: te prius inspicias alios deinde notato, et anche, secondo el ditto de Martiale: mala sunt sed tu non meliora facis.


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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