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      A hora, Magnifico Johane Malipetro, venuto il Re Carlo di Franza in Italia, la qual venuta, al principio, da nostri non fu creta, demum fu temuta, parse a Tua Magnificentia exortarmi a non star in ochio, ma scriver dovesse questa gallicha hystoria. Io che [40] come ho dito havea lassiato il componere ad altri pur per satisfar il tuo intensissimo desiderio mi missi come sai l’anno passato la notte della natività del Redemptore nostro a prencipiare questa, et già Carlo era vicino a Roma et credendo la materia esser bella, et opra sarebbe assae degna, la qual spero mi darà perpetua fama, vulsi sforzarme de inquerire molte cose de Principi, et non senza continua solicitudine ho potuto quello qui è scritto sapere et maxime verificare le cose alla qual ho abuto grandissima faticha, come è noto a Toa Magnificentia per haversi qualche volta trovato quando io componeva; et cussì poi de giorno in giorno andai scrivendo fino al presente tempo che mi ha parso de finire; et necessario mi è stato di esser in questo tempo come uno afamato curioso di nove, el qual havendo poi da mangiare si satolla assai: cussì io bramando di haver li veri successi et trovato le vie, tanto poi me ho saciato che in verità più di quello harebbe voluto mi è stà necessario di scrivere, et far sì grande opra: et pur cotidie Toa Magnificentia non cessava di exortarmi il perseverar, et se non fossi stato insieme con altri nostri Patricij, che mi hanno aiutato, nela fine questa opra rimaneva imperfetta, perché, ita volente fato al principio di avosto andai per andar in campo di Novara et per veder con l’ochio molte cose come per ritrovarmi in qualche cosa degna di memoria, dove in itinere acadete il principio dela egritudine mia rimasta febre quartagenaria, la qual è cativissima et pocho stima li medici, longa et sopra zonzendo pericolosa; et benché amallato fusse, vedendo Toa Magnificentia haver, di vederla nonché di lezerla, summo contento, et anche io non volendo lassar l’opra imperfetta per la qual bisognava molte et molte coretione, unde vulsi più presto atender a finirla e tutta questa transcrivere di mia mano che atender ala egritudine havia, stimando più l’imortalità che la vita presente, et redduta in fine dedicata al Serenissimo Principe tuo affine.


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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