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      Appena ritornato a Venezia, il Senato lo richiamò nel Collegio, rieleggendolo Savio agli Ordini(144), «per cui cinque volte, con questa, tal dignità, scrive, mi è stà conferita, et dico a tempi di grandissime faccende, et io per la mia patria operatomi et etiam scripto ogni successo. Hor parsemi non refutar tal cargo»(145).
      E non lo rifiutò neppure la sesta volta, quando il 22 settembre del 1503 fu rieletto: «È a saper, con questa sei volte son rimasto Savio agli Ordini che è magnum quid»(146): e poi «senza alcuna procura né volontà di entrarvi, mi pensai non dover refudare per doi rispetti: l’uno perché sempre si vuol operarsi a beneficio di la Repubblica nostra, l’altro perché essendo stato tutte le altre volte in Collegio a tempo di gran turbulatione et con la guerra turchesca, per la qual non poche fatiche di mente ho portato, ma hora che con il Turcho la pace è seguita etiam mi ritrovo in Colegio a tempo quieto. Unde col nome del Divino ajuto, seguendo il mio pristino istituto, descriverò li successi con ogni verità, lassando per hora l’hornato stile»(147).
      Vi rimase il solito semestre cioè fino al 31 marzo del 1504, sempre promuovendo utili proposte in ogni ramo di amministrazione, o combattendo quelle che a lui non parevano tali. E scrive in quel giorno nei Diarii(148): «Aduncha, in nome di Dio Eterno, ogi ho compito l’oficio mio di Ordini, nel qual sono stato sie volte, a mexi sei per volta, vien esser tre anni. Ho posto assà parte a beneficio publico, et tuto quel ho visto e inteso ho notado, et cussì de qui indriedo (cioè avanti) harò quiete et atenderò a quello dice: nil melius est quam bene vivere et laetari».


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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