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      [75] Rimasto fuori del Senato, ebbe però la soddisfazione di esservi ricordato con gran lode dal Doge, a proposito di una legge che vi si discuteva e che il principe non voleva, anche perché non era stata discussa prima negli altri uffici competenti. «Si doveva, egli disse, meter tal parte a Gran Consegio, et quando la fosse stà posta, non saria stata presa, perché il magnifico nostro missier Marin Sanudo observator de le leze, come vede che è messa una cossa contro le leze, non la lassa passar; il qual merita gran laude, et doverìa esser in tutti i Consegli, perché chi vol observar le leze mantien le Republiche»(264).
      Ma invece al buon Sanuto giuocarono il tiro di proporlo contro sua volontà e di nominarlo, nel febbraio 1520, sindaco in Levante(265), ufficio che avea sempre ricusato, «perché l’età, et condizione et grado mio non richiede questo, poi voio star qui a synichare chi va synico». Gli dessero 100 ducati al mese e le spese non vi andrebbe egualmente, perché mai ha navigato e mai accetterebbe ufficio per guadagno, e vuol rimanere a Venezia per far osservare le leggi, per dire la sua opinione e per scrivere i suoi Diarii: «sì che, conclude, tutti intende, io non mi feva tor et palam locutus sum omnibus. Ma ben mi doglio di quel iniquo et nimico mio che fo causa di farmi nominar, che non fece se non a mal fin, perché, non volendo esser tolto, niun dovea farmi questo torto. Pacientia: Idio el remuneri come el merita, et s’il saperò, o tardi o per tempo, me ne ricorderò assai»(266).


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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