Pagina (25/1561)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quanto alli primi, disse che, se li retrattasse, non farebbe cosa da cristiano e da uomo da bene; tanto piú, quanto per la medesima bolla di Leone, se ben tutti erano condannati, non però tutti erano giudicati cattivi. Quanto alli secondi, che era cosa pur troppo chiara che tutte le provincie cristiane, e la Germania massime, erano espilate e gemevano sotto la servitú; e però il retrattare le cose dette non sarebbe stato altro che confermare quella tirannide. Ma nelli libri del terzo genere confessò d'esser stato piú acre e veemente del dovere, scusandosi che non faceva professione di santità, né voleva defender i suoi costumi ma ben la dottrina; che era parato di dar conto a qualonque persona si volesse, offerendosi non esser ostinato, ma, quando li fosse mostrato qualche suo errore con la Scrittura in mano, era per gettar i suoi libri nel fuoco. Si voltò all'imperatore et alli prencipi dicendo esser gran dono di Dio quando vien manifestata la vera dottrina, sí come il ripudiarla è un tirarsi adosso causa d'estreme calamità.
      Finita l'orazione fu, per ordine dell'imperatore, ricercato di piana e semplice risposta, se voleva difender o no i suoi scritti. Al che rispose di non poter revocar alcuna cosa delle scritte o insegnate, se non era convinto con le parole della Scrittura o con evidenti ragioni.
      Le quali cose udite, Cesare fu risoluto, seguendo i vestigi de' suoi maggiori, difender la Chiesa romana et usar ogni rimedio per estinguer quell'incendio; non volendo però violar la fede data, ma passar al bando dopo che Martino fosse ritornato salvo a casa.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





Leone Germania Scrittura Dio Scrittura Cesare Chiesa Martino