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      Erano nel consesso alcuni che, approvando le cose fatte in Costanza, dicevano non doversi servar la fede; ma Lodovico, conte palatino elettore, si oppose come a cosa che dovesse cadere a perpetua ignominia del nome tedesco, esprimendo con sdegno esser intolerabile che, per servigio de' preti, la Germania dovesse tirarsi addosso l'infamia di mancar della publica fede. Erano anco alcuni, quali dicevano che non bisognava correr cosí facilmente alla condanna, per esser cosa di gran momento e che poteva apportar gran consequenze.
      Fu ne' giorni seguenti trattato in presenza d'alcuni de' prencipi, et in particolar dell'arcivescovo di Treveri e di Gioachino, elettore di Brandeburg, e dette molte cose da Martino in difesa di quella dottrina e da altri contra, volendo indurlo che rimettesse ogni cosa al giudicio di Cesare e del consesso e della dieta, senza alcuna condizione. Ma dicendo egli che il profeta proibiva il confidarsi negli uomini, eziandio ne' prencipi, al giudicio de' quali nissuna cosa doveva esser manco permessa che la parola di Dio, fu in ultimo proposto che sottomettesse il tutto al giudicio del futuro concilio, al che egli acconsentí, con condizione che fossero cavati prima dai libri suoi gli articoli ch'egli intendeva sottoporre, e che di quelli non fosse fatta sentenzia se non secondo le Scritture. Ricercato finalmente che rimedii pareva a lui che si potessero usare in questa causa, rispose: quelli soli che da Gamaliele furono proposti agli ebrei; cioč, che se l'impresa era umana, sarebbe svanita, ma se da Dio veniva, era impossibile impedirla; e che tanto doveva anco sodisfar al pontefice romano, dovendo esser certi tutti, come egli ancora era, che se il suo dissegno non veniva da Dio, in breve tempo sarebbe andato in niente.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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