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      Ma al legato et alli sopra detti prencipi con lui convenuti poco importava quello che fosse detto in Germania, e meno quello che fosse per seguire della publicazione dell'editto; perché il loro fine non era altro che dar sodisfazzione al pontefice, né il fine del pontefice altro che mostrar d'aver proveduto, sí che non vi fosse bisogno del concilio. Perché Clemente, molto versato ne' maneggi di Stato, eziandio vivendo Adriano, sempre aveva tenuto difeso che nelle occorrenze di quei tempi fusse consiglio pernizioso valersi del mezo de' concilii; et era solito dire che il concilio fosse utile sempre che si trattasse tutt'altro che dell'autorità del papa, ma venendo quella in contenzione, nissuna cosa fosse piú perniziosa. Perché, sí come per li tempi passati l'arma de' pontefici fu il ricorrere alli concilii, cosí nel presente la sicurezza del pontificato consiste in declinarli e fuggirli; tanto piú ch'avendo già Leone condannata la dottrina di Lutero, non si poteva trattare la medesima materia in un concilio, né metterla in essame, senza metter in dubio anco l'autorità della Sede apostolica.
     
     
      [Biasima Cesare la dieta]
     
      Cesare, ricevuto il decreto di Noremberga, si commosse assai, parendoli che il trattar e dar risposta cosí risoluta, senza sua saputa, a prencipe forestiero in cosa di tanta importanza fosse di poca riputazione alla Maestà Sua imperiale. Né meno li piacque il rigore del decreto, prevedendo il dispiacere del pontefice, quale desiderava tenersi grato e ben affetto per la guerra che si faceva allora da' suoi capitani con francesi.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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