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      Il pontefice, come ne' casi repentini, pieno di timore, con alcuni cardinali si salvò nel Castello; e quantonque fosse consegliato non fermarvisi, ma passar immediate in Roma e di là salvarsi in qualche luogo sicuro, nondimeno, ripudiato il buono conseglio, forse per disposizione di causa superiore, risolvé di fermarvisi. La città ritrovandosi senza capo, restò piena di confusione in maniera che nissun venne al rimedio, che sarebbe stato proprio in quel tempo, di romper i ponti che sopra il Tevere passano dal Borgo in Roma e mettersi alla difesa, il che, se fosse stato fatto, averebbero i romani almeno avuto tempo di retirar le persone di conto e le robe preciose in luogo sicuro; ma non essendo questo fatto, passarono i soldati nella città, spogliarono non solo le case, ma le chiese ancora di tutti gli ornamenti, giettate in terra e conculcate le reliquie et altre cose sacre non di valore, fecero prigioni i cardinali et altri prelati, facendo anco derisione delle persone loro con menarli sopra le bestie vili in abito e con l'insegne pontificali. Certo è che i cardinali di Siena, della Minerva e Ponceta furono bene battuti e menati vilissimamente in processione, e che i cardinali spagnoli e tedeschi, con tutto che si fidassero per esser l'essercito composto de' soldati delle nazioni loro, non furono meno mal trattati delli altri.
      Fu assediato il papa, retirato nel Castel Sant'Angelo, e fu costretto ad accordarsi, cedendo il Castello, insieme a' capitani imperiali e consegnando la persona sua prigione in quello, nel quale anco fu tenuto da loro assai stretto; dove essendo per le cose successe in grandissima afflizzione, se glien'aggionse una, secondo la sua stima molto maggiore, che il cardinale di Cortona, il qual era al governo di Fiorenza per suo nome, immediate udita la nuova, si retirò dalla città e la lasciò libera; la quale, subito scacciati i Medici e vindicatasi in libertà, riordinò il suo governo, e la maggior parte de' cittadini dimostrò tanta acerbità verso il papa e la casa sua, che scancellò tutte l'insegne di quelli, eziandio ne' luoghi loro privati, e desformò con molte ferite l'imagini di Leone e di Clemente che erano nella chiesa della Nonciata.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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