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      E per far questo, il vero e proprio rimedio esser il concilio, cosí perché da loro era richiesto, come anco perché a quel nome augusto e venerando ogni uno s'inclinerebbe.
      Ma il pontefice, che di nissuna cosa piú temeva che di un concilio, e massime quando fosse celebrato di là da' monti, libero e con intervento di quelli che già apertamente avevano scosso il giogo dell'obedienza, vedeva benissimo quanto fosse facil cosa che da questi fossero persuasi anco gli altri. Oltre di ciò considerava che, se ben la causa sua era commune con tutti li vescovi, quali le rinovate opinioni cercavano di privare delle ricchezze possedute, nondimeno anco tra loro e la corte romana restava qualche materia di disgusti, pretendendo essi che fosse usurpata loro la collazione de' beneficii con le reservazioni e prevenzioni, et ancora levata gran parte dell'amministrazione e tirata a Roma con avocazione di cause, riservazioni di dispense et assoluzioni et altre tal facoltà, che, già communi a tutti i vescovi, s'avevano i pontefici romani appropriate. Onde si figurava che la celebrazione del concilio dovesse esser una totale diminuzione dell'autorità pontificale. Per il che voltò tutti i suoi pensieri a persuader l'imperatore che il concilio non era utile per quietare i moti di Germania, anzi pernizioso per l'autorità imperiale in quelle provincie. Gli considerava due sorti di persone infette: la moltitudine et i prencipi e grandi; esser verisimile che la moltitudine sia ingannata, ma il sodisfarla nella dimanda del concilio non esser mezo per illuminarla, anzi per introdur la licenzia populare.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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