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      Il tenor di quella era:
      Che dal principio del suo pontificato nissuna cosa aveva piú desiderato che purgare dalle eresie et errori la Chiesa, raccommandata da Dio alla cura sua, e di restituire nel pristino stato la disciplina; al che non avendo trovato via piú commoda che la sempremai usata in simili occorrenze, cioè il concilio generale, di questo aver scritto piú volte a Cesare et agli altri re con speranza non solamente d'ottener questo fine, ma ancora che, sedate le discordie tra i prencipi cristiani, si movesse la guerra agli infedeli per liberar i cristiani da quella misera servitú e ridurre anco gli infideli alla fede. Perilché, per la pienezza di potestà che egli ha da Dio, col consenso de' suoi fratelli cardinali, intima un concilio generale di tutta la cristianità per i 23 maggio dell'anno seguente 1537 in Mantova, luogo abondante et opportuno per la celebrazione d'un concilio; e pertanto commanda a' vescovi et altri prelati di qualonque luogo si siano, per l'obligo del giuramento prestato da loro e sotto le pene statuite da' santi canoni e decreti, che vi si debbiano trovare al giorno prefisso. Prega Cesare et il re di Francia e tutti gli altri re e prencipi, per amor di Cristo e per salute della republica cristiana, che vogliano trovarvisi in persona, e non potendo, mandino onorevoli et ampie ambasciarie, sí come esso Cesare et il medesimo re di Francia e gli altri prencipi cristiani hanno promesso piú volte et a Clemente et a lui. E facciano anco, che i prelati di suoi regni debbiano andarvi e starvi sino al fine, per determinare quello che sarà opportuno per riforma della Chiesa, estirpazione delle eresie e per mover la guerra agli infideli.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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