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      Il pontefice, valendosi dell'occasione, era tutto intento ad ottenere Milano per i nepoti suoi, a che era per proprio interesse aiutato da Margarita, figliuola naturale di Cesare, maritata in Ottavio Farnese, nepote del papa, e per ciò fatta duchessa di Camerino. Prometteva il pontefice a Cesare di collegarsi con lui contra il re di Francia, fare molti cardinali a sua nominazione, pagargli per alcuni anni 150 mila scudi, lasciandogli anco in mano i castelli di Milano e di Cremona. Ma richiedendo gli imperiali un millione di ducati di presente et un altro in termini non molto longhi, non potendosi concludere allora, né potendosi Cesare trattenere piú longamente, fu rimesso di continuare la trattazione per mezo de' ministri ponteficii che seguirebbono l'imperatore. Del concilio Cesare si mostrò sodisfatto che con la missione de' legati e con l'andata di quei pochi prelati i catolici di Germania almeno avessero conosciuto la pronta volontà; e perché gli impedimenti si potevano imputare al re di Francia, concluse che non era da pensare che rimedio usare, sino che fosse veduto l'incaminamento di quella guerra. Si partirono con gran dimostrazioni di scambievole sodisfazzione, restando però il pontefice in sé medesimo dubioso se l'imperatore era per dargli sodisfazzione; onde incomminciò a voltare l'animo al re di Francia.
     
     
      [Cesare si collega con Inghilterra, e 'l papa con Francia]
     
      Ma mentre sta in queste ambiguità, si publicò la lega tra l'imperatore et il re d'Inghilterra contra Francia: la quale necessitò il papa ad alienarsi affatto dall'imperatore, imperoché vidde quanto offendesse quella lega l'autorità sua, essendo contratta con un scommunicato, anatematizato da lui e maledetto, destinato alla eterna dannazione e scismatico, privato d'ogni regno e dominio, con annullazione d'ogni confederazione con qual si voglia contratta, contra il quale anco per suo commandamento tutti i prencipi cristiani erano obligati mover le arme, e quello che piú di tutto importa, che restando sempre piú contumace e sprezzando eziandio con aperte parole l'autorità sua, che questo mostrava evidentemente al mondo, l'imperatore non avere a lui rispetto alcuno, né spirituale, né temporale, e dava essempio ad ogni altro di non tenere conto alcuno dell'autorità sua; e tanto maggiore gli pareva l'affronto, quanto per gli interessi dell'imperatore e per farli piacere, Clemente, che averebbe potuto con gran facilità temporeggiare in quella causa, aveva proceduto contra quel re, del rimanente ben affetto e benemerito della Sede apostolica.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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