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      Ma la prestezza del pontefice non piacque all'imperatore, né la ragione resa lo sodisfece: averebbe egli voluto per sua riputazione, per far accettare piú facilmente il concilio alla Germania e per molti altri rispetti, essere causa principale; nondimeno, non potendo altro fare, usò però tutti quei termini che lo potessero mostrare lui autore et il papa aderente, mandò ambasciatori a tutti i prencipi a significare l'intimazione e pregargli mandare ambasciatori per onorare quello consesso e confermare i decreti che si li farebbono. Et attendeva a fare seria preparazione come se l'impresa fosse stata sua. Diede diversi ordeni a' prelati di Spagna e de' Paesi Bassi, et ordinò tra le altre cose che i teologi di Lovanio si congregassero insieme per considerare i dogmi che si dovevano proporre, i quali ridussero a 32 capi, senza però confermargli con alcun luogo delle Sacre Lettere, ma esplicando magistralmente la sola conclusione: i quali capi furono dopo confermati con l'editto di Cesare e divulgati con precetto che da tutti fossero tenuti e seguiti. E non occultò l'imperatore il disgusto conceputo contra il pontefice in parole al noncio dette, cosí in quella occasione, come in altre audienze; anzi, avendo al decembre il papa creati 13 cardinali, tra quali tre spagnoli, gli proibí l'accettare le insegne et usare il nome e l'abito.
      Il re di Francia ancora fece convenire i teologi parigini a Melun per consultare de' dogmi necessarii alla fede cristiana che si dovevano proponere in concilio; dove vi fu molta contenzione, volendo alcuni che si proponesse la confermazione delle cose statuite in Costanza et in Basilea et il restabilimento della Pragmatica, et altri dubitando che per ciò il re dovesse restar offeso, per la destruzzione che ne seguiva del concordato fatto da lui con Leone, consegliavano di non metter a campo questa disputa.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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