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      A queste esposizioni aggionse anco il cardinale lettere della figliuola, che per proprio interesse ne pregava efficacemente l'imperatore, il quale non aveva la cosa discara, cosí per l'amore della figliuola e de' nepoti, come perché sarebbe stato piú facile di ricuperarla da un duca che dalla Chiesa. Con tutto ciò non negò, né acconsentí; disse solamente che non averebbe fatto opposizione.
      Trattò il legato co' catolici et ecclesiastici massime, confortandogli alla diffesa della religione vera, promettendogli dal papa ogni favore. Della negoziazione della guerra, se ben trattata secretamente, ne presero sospetto i protestanti: perché un frate franciscano, in presenza di Carlo e di Ferdinando e del legato predicando, dopo una grand'invettiva contra i luterani, voltato all'imperatore disse il suo ufficio essere di difendere con le arme la Chiesa; che aveva mancato sino allora di quello che già bisognava avere del tutto effettuato; che Dio gli aveva fatto tanti beneficii meritevoli che ne mostrasse ricognizione contra quella peste d'uomini, che non dovevano piú vivere, né doveva differirlo piú oltre, perdendosi ogni giorno molti per questo, de' quali Dio domandarà conto da lui, se non vi porgesse presto rimedio. Questa predica non solo generò sospetto, ma eccitò anco raggionamenti che dal legato fosse stata commandata, e dalle essortazioni publiche, concludevano quali dovevano essere le private: al qual romore per rimediare, il cardinale partí di notte secrettamente e ritornò con celerità in Italia.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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