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      Vedeva anco una mala sodisfazzione ne' prelati del regno, a' quali averebbe parso intolerabile il pagare le decime et insieme stare su le spese nel concilio; giudicava che quelli di Francia si sarebbono accostati con loro e fomentatigli non per carità, ma per impedire i commodi dell'imperatore. Perilché comminciò voltare l'animo alla translazione, purché non si trattasse di portarlo piú dentro in Germania, come era stato trattato in Vormes, al che non voleva acconsentire mai (diceva egli), se ben s'avesse avuto 100 ostaggi e 100 pegni; massime che col trasferirlo piú dentro in Italia in luogo piú fertile, commodo e sicuro, gli pareva fuggire l'inconveniente di continuare in quello stato e tener il concilio sopra le ancore, e tirarlo di stagione in stagione, peggior deliberazione che si potesse fare per infiniti e perpetui pregiudicii che potrebbono succedere; oltre che, col tempo che la translazione portava, era rimediato al male presente, che era avere un concilio in concorrenza d'un colloquio e d'una dieta instituita per causa di religione, non sapendo che fine né l'uno né l'altro potessero avere; cosa disonorevole e pericolosa e di mal essempio, e si sodisfaceva a' prelati col partire da Trento. Cosí deliberato, per esser provisto a far opportunamente l'essecuzione, mandò a' legati la bolla di facoltà per trasferirlo, data sotto 22 di febraro, della qual dí sopra s'è detto.
      Non occupavano questi pensieri né tutto, né la principal parte dell'animo del pontefice, sí che non pensasse molto piú all'infeudazione di Parma e Piacenza nella persona del figliuolo, quale aveva a Cesare communicata, e la mandò ad effetto nel fine d'agosto, senza rispetto dell'universale mormorio che, mentre si trattava di reformar il clero, il capo donasse principati ad un figliuolo di congionzione dannata, e quantonque tutto 'l collegio lo sentisse male, se ben solo Giovan Dominico de Cupis, cardinale de Trani, con l'aderenza d'alcuni pochi, si opponesse, e Giovan Vega, ambasciator imperiale, ricusasse intervenirvi, e Margarita d'Austria, sua pronuora, che averebbe voluto l'investitura in persona del marito, perché perdeva il titolo di duchessa di Camerino e non ne acquistava altro, se ne mostrasse scontenta.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
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