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      [I cesarei vogliono che si venga al trattato della riforma, altri a' dogmi]
     
      Nella seguente congregazione, ridotta a' 18 per sentire li pareri di tutti sopra le proposte della precedente, le sentenze furono 4. Gli imperiali dissero che il capo de' dogmi non si poteva toccare con speranza di frutto, essendo di bisogno prima, con una buona riforma, levare le transgressioni d'onde sono nate l'eresie, allargandosi assai in questo campo e concludendo che, sin a tanto che non cessa lo scandalo che piglia il mondo per la deformazione dell'ordine ecclesiastico, non sarà mai creduta cosa che predicheranno o affermeranno nella dottrina, essendo tutti persuasi che si debbia guardare li fatti, non le parole; né doversi pigliar essempio dalli concilii vecchi, perché in quei o non vi era corrottela de' costumi, o quella non era causa dell'eresia; et in fine il mettere dilazione al trattare della riforma esser un mostrarsi incorrigibili.
      Alcuni altri pochi giudicavano d'incomminciare da' dogmi e successivamente passar alla riforma; allegando che la fede è il fondamento e la base del viver cristiano; che non si commincia mai ad edificare dal tetto, ma da' fondamenti; che maggior peccato era errare nella fede che nelle altre azzioni umane; e che il capo dell'estirpare l'eresie era posto per primo nelle bolle ponteficie. Una terza opinione fu che malamente si potevano disgiongere i doi capi della riformazione e della fede, non essendovi dogma che non abbia aggionto il suo abuso, né abuso che non tiri appresso la mala interpretazione et il mal senso di qualche dogma: onde era necessario di trattargli in un medesimo tempo, aggiongendo che avendo tutto 'l mondo gli occhi a questo concilio et aspettando il rimedio non meno alle cose della fede che a quelle de' costumi, si satifaria meglio col trattarli ambidoi insieme, che l'uno dopo l'altro; massime che, secondo la proposta del cardinale del Monte, si farebbono diverse deputazioni, trattando una parte questa materia e l'altra quell'altra: il che si doveva accelerare di fare, considerando il presente tempo, quando la cristianità è in pace, essere precioso e da non perdere, non sapendo che impedimenti potesse apportar il futuro; dovendosi anco studiare ad abbreviare il concilio quanto si poteva, accioché le chiese restassero manco tempo private de' loro pastori, e per molti altri rispetti; accennando quello che poteva nascere a longo andare, con poco gusto del pontefice e della corte romana.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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