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      A' primi pareva che fosse come una tirannide spirituale il vietare che, secondo le grazie da Dio donate, non potessero i fedeli essercitare il proprio ingegno e che questo fosse apunto proibire la mercanzia spirituale de' talenti da Dio donati; doversi con ogni allettamento invitare gli uomini alla lezzione delle sacre Lettere, dalle quali sempre che si leva quel piacere che la novità porta, tutti sempre le aborriranno, et una tal strettezza farà applicare li studiosi alle altre sorti di lettere et abandonare le sacre e per consequenza ogni studio e cura di pietà; questa varietà de' doni spirituali appartenere alla perfezzione della Chiesa e vedersi nella lettura de' antichi padri, ne' scritti de' quali è diversità grande e spesso contrarietà, congionta però con strettissima carità. Per qual causa non dover essere concesso a questo secolo quella libertà che con frutto spirituale hanno goduto gli altri? Li scolastici nella dottrina di teologia, se ben non hanno tra loro dispute sopra l'intelligenza delle lettere sacre, avere però non minor differenze ne' ponti della religione, e quelle non meno pericolose; meglio essere l'immitare l'antichità, che non ha ristretta l'esposizione della Scrittura, ma lasciata libera.
      La contraria opinione portava che, essendo la licenza popolare disordine maggiore della tirannide, in questi tempi conveniva imbrigliare gli ingegni sfrenati, altrimente non si poteva sperare di veder fine delle presenti contenzioni: agli antichi tempi esser stato concesso di scrivere sopra i libri divini, perché, essendovi poche esposizioni, ve ne era bisogno, e gli uomini di quei tempi erano di vita santa et ingegno composto, che da loro non si poteva temere di confusioni, come al presente.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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