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      La qual opinione fu anco seguita da' prelati italiani imperiali; e parve a' legati di scoprire che questo era ufficio fatto da' ministri cesarei, i quali strettamente a punto avevano trattato con quei prelati. Perilché ne diedero aviso a Roma; da dove gli fu risposto che vedessero d'andare ritenuti sin tanto che s'avesse potuto dare loro risoluzione. Perilché essi usarono artificiosa diligenza, trattenendosi con la parte degli abusi, senza venir a conclusione d'essi e senza far dimostrazione che volessero o non volessero incaminarsi nella materia del peccato originale; cosí si continuò sino a Pasca.
      La qual passata, il pontefice scrisse che si procedesse inanzi e fosse quella materia proposta: la lettera, capitata a' 2 di maggio, pervenne a notizia di don Francesco, il quale, andato alla visita de legati, usò molti artificii, ora mostrando di consegliare, ora di proponere parere in materia del proseguire la riforma, solamente a fine d'intendere la mente loro e persuadergli obliquamente a quello che dissegnava; ma vedendo di non fare frutto, passò inanzi dicendo tanto apertamente quanto bastava, avere lettere dalla Maestà cesarea per quali gli commetteva di procurare che per allora non si entri ne' dogmi, ma si tratti la riforma solamente. A che risposero i legati con assai ragioni in contrario, e fra le altre con dire che non potevano farlo senza contravenire alle bolle del papa, che proponevano queste due materie insieme, et a quello che si era stabilito in concilio di mandarle del pari, aggiongendo d'avere scritto a Sua Santità che 8 giorni dopo Pasca averebbono incominciato.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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