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      Piacque l'invenzione, perché si faceva a favor de' vescovi il medesimo effetto, senza derogazione del privilegio, poiché il vescovo, non come vescovo, ma come deputato dal papa doveva sopraintendere; il qual modo diede essempio d'accommodar altre difficoltà: l'una nel dar autorità a' metropolitani sopra le parochie unite a' monasterii non soggetti a diocese alcuna; l'altra nel dar potestà a' vescovi sopra i predicatori essenti che fallano; et anco serví molto ne' decreti delle sessioni seguenti.
      Proponevano anco i canonisti che ne' tempi presenti poco conveniva la sottilità scolastica di metter ogni cosa in disputa, e versare piú tosto in cose naturali e filosofiche; che queste nuove lezzioni dovessero essere introdotte per trattare de' sacramenti e dell'autorità e potestà ecclesiastica, come con molto frutto aveva fatto il Turrecremata et Agostino Trionfo e, dopo loro, sant'Antonino et altri. Ma per la contradizzione de' frati, che opponevano essere tanto necessaria questa, quanto quella dottrina, si trovò temperamento d'ordinare che le lezzioni fossero per esposizione della Scrittura, poiché secondo l'essigenze del testo che fosse letto e della capacità degli audienti s'averebbe applicata la materia.
      Delle prediche, dopo molti discorsi fatti in piú congregazioni, si venne al stabilire il decreto; e per superare le difficoltà, con ufficii fecero, per mezo de' prelati loro confidenti, pratticare i vescovi italiani, mettendo in considerazione quanto per onor della nazione fossero tenuti di sostentare la degnità del pontificato, dell'autorità del quale si trattava mettendo mano ne' privilegii, e quanto potessero sperare dal pontefice e dalli legati accomodandosi anco a quello che è giusto e non volendo privare i frati di quello che hanno per tanto tempo goduto.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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