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      Perilché tutte le opere degli infedeli, che da Dio non sono eccitati a venir alla fede, e tutte quelle de fedeli peccatori, inanzi che Dio ecciti alla conversione, se ben paressero agli uomini oneste, anzi eroiche, sono veri peccati, e chi le loda, le considera in genere e nell'esterna apparenza; ma chi essaminerà le circonstanzie di ciascuna, vi troverà la perversità, e quanto a questo non era da condannare Lutero; ma sí ben dovevano essere censurati gli articoli, in quanto parlano delle opere seguenti la grazia preveniente, che sono preparazione alla giustificazione, quale sono l'abominazione del peccato, il timor dell'inferno e gli altri terrori della conscienza. Per confermare la sentenzia sua portava la dottrina di san Tomaso, che per far un'opera buona è necessario il concorso di tutte le circonstanze, e per farla cattiva basta il mancamento d'una sola; onde se ben considerate le opere in genere, alcune sono indifferenti, in individuo però non è mezo tra l'aver tutte le circonstanze o mancare di alcuna: perilché ciascuna particolar azzione overo è buona, overo è cattiva, né la indifferente si ritrova; e perché tra le circostanze uno è il fine, tutte le opere riferite a fine cattivo restano infette; ma gli infedeli riferiscono tutto quello che fanno nel fine della loro setta, che è cattivo; perilché, se ben paiono eroiche a chi non vede l'intenzione, sono nondimeno peccati; né esservi differenza che la relazione al fine cattivo sia attuale o abituale, poiché anco il giusto merita, se ben non riferisce l'opera sua attualmente a Dio, ma solo abitualmente.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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