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      Diceva di piú, portando l'autorità di sant'Agostino, che è peccato non solamente riferir al mal fine, ma anco il solo non riferir al buono dove si doverebbe, e perché difendeva che, senza special aiuto di Dio preveniente, l'uomo non può riferir in Dio cosa alcuna, concludeva che non vi potesse esser opera buona morale inanzi. Allegava per ciò molti luoghi di sant'Agostino, mostrando, che fu di questa opinione. Allegava ancora luoghi di sant'Ambrosio, di san Prospero, di sant'Anselmo e d'altri padri; adduceva Gregorio d'Arimini et il cardinal Roffense, che nel libro suo contra Lutero sentí apertamente l'istesso; diceva esser meglio seguir i padri che i scolastici, contrarii l'un all'altro, e che conveniva caminare col fondamento delle Scritture, dalle quali s'ha la vera teologia, e non per le arguzie della filosofia, per quale le scole hanno caminato; che esso ancora era stato di quella opinione, ma, studiate le Scritture et i padri, aveva trovato la verità. Si valeva del passo dell'Evangelio: l'arbore cattivo non può far frutti buoni, con l'amplificazione che soggionse nostro Signore dicendo: overo fate l'arbore buono et i frutti buoni, o l'arbore cattivo et i frutti cattivi. Si valeva sopra gli altri argumenti con grand'efficacia del luogo di san Paolo che a gl'infedeli nissuna cosa può esser monda, perché è macchiata la mente e la conscienza loro.
      Questa openione era impugnata dal Soto con molta acrimonia, passando anco al sgridarla per eretica, perché inferiva che l'uomo non fosse in libertà di far ben e che non potesse conseguir il suo fine naturale, che era negar il libero arbitrio co' luterani.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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