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      Dicevano che a quanti si legge nell'Evangelio Cristo aver rimesso i peccati, a tutti disse: "Confidati che i peccati sono perdonati", e sarebbe assordità che Cristo avesse voluto porger occasione di temerità e superbia; e se fosse utile o merito, che egli avesse voluto privar tutti di quello. Che la Scrittura ci obliga a render a Dio grazie della nostra giustificazione, le quali non si possono rendere se non sapiamo d'averla ottenuta, e sarebbe inettissimo et udito come impertinente chi ringraziasse di quello che non sa se gli sia donato o no. Che san Paolo apertamente asserisce la certezza, quando raccorda a' corinti di sentire che Cristo è in loro se non sono reprobi; e quando dice che abbiamo ricevuto da Dio un spirito per saper quello che da Sua Divina Maestà ci è stato donato; e piú chiaramente che lo Spirito Santo rende testimonianza allo spirito nostro che siamo figli di Dio; et è gran cosa d'accusar di temerità quelli che credono allo Spirito Santo che parla con loro, dicendo sant'Ambrosio che lo Spirito Santo mai parla a noi, che non ci faccia insieme saper che egli è desso che parla. Appresso questo aggionse le parole di Cristo in san Giovanni: "Che il mondo non può ricever lo Spirito Santo, perché non lo vede, né conosce, ma che i discepoli lo conosceranno, perché abitarà in loro et in loro sarà". Si fortificava il Catarino alla gagliarda con dire esser un'azzione da sognatore il defendere che la grazia sia ricevuta volontariamente, non sapendo d'averla, quasi che a ricever una cosa volontariamente non sia necessario che il ricevitor spontaneo sappia che gli è data, che realmente la riceve e, dopo ricevuta, che la possede.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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