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      Questa sentenzia alla prima udita parve ardua, et i medesimi aderenti al Catarino, che erano tutti i carmelitani, perché Giovanni Bacon, loro dottore, fu di quell'opinione, et i vescovi di Sinigaglia, Vorcestre e Salpi, al principio mal volontieri passavano tanto inanzi; ma poi, pensata e discussa la ragione, è maraviglia come da parte notabile de' prelati fu ricevuta, sgridando il Soto che fosse troppo a favore de' luterani, e defendendo gli altri che non sarebbe da censurare Lutero, se avesse detto che dopo la giustificazione segue quella fede, ma ben perché dice che quella è la fede che giustifica.
      Alle raggioni dell'altra parte rispondevano che non si debbi attendere li scolastici, quali hanno parlato fondati sopra la ragione filosofica, che non può dar giudicio de' moti divini; che l'autorità di Salomone non era in quel proposito, poiché dicendo: "Nissun potere saper se è degno d'amore o d'odio", applicandola qui, concluderebbe che il sceleratissimo peccatore con perservanza non sa d'esser in disgrazia di Dio; che il detto della Sapienza meno si può applicare e la tradozzione rende inganno, perché la voce greca ilasmòs non significa peccato perdonato, come è stata tradotta, ma espiazione o perdono, e le parole del Savio sono un'admonizione al peccatore di non aggiongere peccato sopra peccato per troppo confidenza del perdono futuro, non del passato; che non bisognava sopra un errore dell'interprete fondar un articolo della fede (cosí in quel tempo li medesimi che avevano fatto autentica l'edizione volgata parlavano di quella; il che anco potrà ogni uno osservare da' libri stampati da quelli che intervennero al decreto dell'approbazione); dicevano che l'operare con timore e tremore è frase ebrea che non significa ambiguità, ma riverenza, perché timor e tremor usano i servi verso i patroni, eziandio quando da essi sono commendati e sanno esser in grazia loro; che il luogo di san Paolo faceva a favore, quando avesse parlato della giustificazione, perché dicendo: non sono conscio di mancamento, né per ciò son giustificato, inferirebbe: "ma son giustificato per altro", e cosí proverebbe la certezza; nondimeno il vero senso essere che san Paolo parla del mancamento nell'ufficio del predicare e dice: "la mia conscienza non m'accusa d'aver in cosa alcuna mancato, non però ardisco dire d'aver intieramente sodisfatto, ma tutto riservo al divino giudicio".


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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