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      I prelati, vedendo il male, ma desiderando che fosse iscusabile e di colpa leggiera, si diedero all'opinione che non da Dio, ma dal pontefice erano ubligati, imperoché cosí la dispensa a la taciturnità del papa gli salvava. Con queste previe disposizioni di dottrina fu nel concilio proposta la materia, come si è detto; la quale perché partorí controversia nel principio non molto grave, ma in progresso maggiore, e nel fine, che fu negl'anni 1562 e 1563, grandissima, non è stata fuori di proposito questa recapitolazione, né sarà il raccontare qualche particolari occorsi.
      Adonque, se ben gl'articoli primieramente proposti non furono se non di stringer maggiormente i precetti, aggiongerci pene e levare gli impedimenti e facilitare l'essecuzione, e tutti concordavano, allegando persuasioni cavate dalla Scrittura del Nuovo e Vecchio Testamento, e da' canoni de' concilii e dottrina de' padri, et anco dagli inconvenienti che dal non resedere erano nati, nondimeno la maggior parte de teologi e de' dominicani massime, passarono a determinare che l'ubligazione fosse per legge divina. Frate Bartolomeo Caranza e frate Dominico Soto, spagnuoli, erano autori piú principali; le raggioni piú fondate che adducevano furono perché il vescovato era instituito da Cristo come ministerio et opera, adonque ricerca azzione personale, che non può far l'assente; che Cristo, descrivendo le qualità del buon pastore, dice che metta la vita per il gregge, conosce le pecorelle per nome e camina inanzi loro. Dall'altra parte i canonisti et i prelati italiani disputavano che l'obligo fosse per legge ecclesiastica, allegando che mai si troverà degli antichi alcuno non residente ripreso come transgressor della divina legge, ma solo de' canoni.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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