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      Nel quarto tutti furono di parere che l'articolo fosse condannato; anzi aggionsero ch'era necessario amplificarlo, condannando specificatamente la dottrina zuingliana, quale vuole che i sacramenti non siano altro che segni, per quali i fedeli dagli infedeli si discernono; overo atti et essercizii di professione della fede cristiana, ma alla grazia non abbiano altra relazione, se non per essere segni d'averla ricevuta. Appresso ancora raccordarono che si dannassero cosí quelli che negano i sacramenti conferire la grazia a chi non pone impedimento, come ancora chi non confessa la grazia essere contenuta ne' sacramenti e conferita, non per virtú della fede, ma "ex opere operato". Ma venendo ad esplicare il modo di quella continenza e causalità, ogni uno concordava che per tutte quelle azzioni che eccitano la devozione s'acquista grazia, e ciò non nasce dalla forza dell'opera medesima, ma dalla virtú della devozione, che è nell'operante, e queste tali nelle scuole si dice che causano la grazia "ex opere operantis". Altre azzioni sono che causano la grazia non per la devozione di chi opera o di chi riceve l'opera, ma per virtú dell'opera medesima. Cosí sono i sacramenti cristiani, per quali la grazia è ricevuta, purché nel soggetto non vi sia impedimento di peccato mortale che l'escluda, quantonque non vi sia divozione alcuna: e cosí per l'opera medesima del battesmo, essere data la grazia ad un fanciullo che non ha moto alcuno d'animo verso quello, e parimente ad un nato pazzo, perché non vi è impedimento di peccato.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561