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      Non doversi confessare mai che vi sia alcuna consuetudine introdotta di dar o ricevere alcuna cosa per il ministerio de' sacramenti; perché essendo quella generale per tutto, sarebbe un dire che nella Chiesa universale sia stato tolerato, anzi approbato un abuso pernizioso; e però non fa bisogno parlare di levar una consuetudine, la qual non è introdotta: e pensando di voler porger rimedio a quello che non è male, ma è stimato tale per la fiacchezza della conscienza d'alcuni, far una piaga mortale nella Chiesa. Per raggione principalissima dicevano che Innocenzio III nel concilio generale, capitolo Ad apostolicam, De simonia, non solamente dicchiara per lodevole la consuetudine in questa materia d'oblazione nel ministerio de' sacramenti et ordina che sia osservata, ma ancora che il vescovo debbe punir chi tenta di mutarla. Perilché il determinar adesso il contrario sarebbe con immenso scandalo condannar un pontefice et un concilio generale, come approbatori e defensori d'un error pernizioso.
      Era replicato dall'altra parte che lo statuto del concilio cartaginese condanna severamente l'essazione, tolerando l'offerta spontanea; ma è però emendato dal concilio eliberitano, il quale proibisce l'uso introdotto che il battezato metteva qualche danaro nel vaso. Che l'invenzione de' teologi, distinguendo il ministerio del sacramento dalla fatica nel ministrarlo e la distinzione di ricever per rispetto del sacramento o d'altro, insieme con quell'altra di primaria e secondaria intenzione, erano metafisiche e chimeriche, poiché le parole dell'Evangelio sono dette in termini assoluti, non soggetti a cavilli, né a glosse che destruggono il testo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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