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      Questi rispetti lo fecero risolvere a sicurarsi del concilio in qualche maniera: il finirlo non pareva cosa fattibile, attesa le moltiplicità delle cose che restavano da trattare; la sospensione ricercare qualche gran causa e nondimeno esser una provisione leggiera, perché sarebbe immediate ricercato di levarla; la translazione in luogo dove egli avesse autorità assoluta pareva il meglior conseglio; e poiché questo s'aveva a fare, farlo in maniera che rimediasse a tutti i pericoli; che non poteva avvenire se non celebrandosi nelle terre sue. A queste pensando, non giudicò ben trattar di Roma, per non far tanto parlar alla Germania. Bologna gli parve ottima, come la piú vicina a chi viene di là da' monti, fertile e capace. Al modo pensando, risolse l'asconder in questo la persona sua et operare che fosse fatto da' legati, come da loro, per l'autorità che gli aveva data per la bolla data il 22 febraro e mandatagli nell'agosto 1545. Che cosí facendo, se sopra la translazione fosse nata qualche opposizione, sarebbe addossata a' legati, et egli, come non interessato, averebbe piú facilità a mantenerli; e quando per qualche accidente occorresse mutar pensiero, lo potrebbe far con intiera sua degnità. Adonque risoluto di tanto, spedí un privato gentiluomo, famigliare del cardinale del Monte, con lettere di credenza a far ad ambi li legati questa ambasciata, ordinandogli che non giongesse in quella città inanzi il tempo della sessione, e gli commettesse di trasferire il concilio a Bologna, facendo nascer qualche apparente causa, overo valendosi d'alcuna che fosse in essere; ma venendo all'essecuzione tanto presto che, dopo data la prima mossa all'impresa, si venisse al fine, prima che d'altrove potesse esser trasposto alcun impedimento.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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