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      Il pontefice diceva che, avendo dato a' legati suoi autorità di transferir il concilio e promesso d'aver rato quello che da loro fosse deliberato e di farlo esseguire, et avendo essi giudicata la causa dell'infezzione dell'aria legitima, e tanto piú essendoci concorso l'assenso della maggior parte de' prelati, non poteva se non approbarla.
      Non era però alcun tanto semplice che non credesse il tutto esser fatto per il suo commandamento, essendo certo che nissuna cosa, per minima, si trattava in concilio senza aver ordine prima da Roma, al qual effetto ogni settimana correndo lettere, et alcune volte due spazzi spedendosi, non si poteva credere che una cosa di tanto somma importanza fosse stata deliberata di capo de' legati; oltre che il solo introdur tanto numero di persone in una città gelosa come Bologna, senza saputa del prencipe dominante, pareva cosa che mai i legati averebbono tentato. Credevano anco molti che la bolla non fosse col vero dato, ma fatta di nuovo sotto dato vecchio e col nome del cardinale Polo per dar maggior credito; altramente pareva quella clausula, nella quale è data autorità della translazione a 2 di loro, assente l'altro, una specie di profezia, che Polo dovesse un anno dopo partire, e quella libertà di transferire a qual città gli fosse piacciuto era tenuta per troppo ampia et inverisimile, atteso il sospetto sempre fisso nell'animo de' pontefici che concilio non si celebri in città diffidente, mostrato piú che mai da papa Paolo nel convocarlo. Onde non si poteva credere che s'avesse esposto alla discrezione altrui senza bisogno in cosa di tanto momento.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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